domenica 30 giugno 2013

L'angelo vendicatore




L’angelo vendicatore

La motonave Wilhelm Gustlof lascia Gotenhafen, località vicino a Danzica, (ove era dislocata) il 30 genn. 1945, verso mezzogiorno, con un carico di 10.500  passeggeri, tra cui 900 allievi ufficiali sommergibilisti, 373 ausiliarie e numerosi militari gravemente feriti. A bordo, sotto falso nome, v’era anche un funzionario della gestapo, in precedenza addetto agli interrogatori degli ebrei altolocati. Cioè di coloro che  ricoprendo funzioni elevate erano a conoscenza di personaggi qualificati, oppositori del nazismo, o di segreti finanziari di rilevante entità, di cui il Terzo Reich intendeva impossessarsi. Gli interrogatori si svolgevano senza che fossero inflitte torture o percosse. Ma esclusivamente utilizzando sottili pressioni psicologiche. Alloggiando l’inquisito in una stanza singola dell’Hotel Metropol di Vienna (che era anche sede della Gestapo) (delle cui rovine si rinviene traccia visiva anche nel film Il terzo uomo di Carol Reed).Con un trattamento all’apparenza privilegiata, trattandosi di un albergo di lusso. La stanza in cui si veniva alloggiati era con finestra senza vedute esterne. Era singola e ben riscaldata. Con un letto, una sedia, una finestra con le inferriate. Senza libri né giornali, matite o penne. L’orologio da polso era stato sequestrato. Le sigarette vietate. La guardia che portava il cibo non poteva dire una parola o rispondere alle domande. Gli interrogatori si susseguivano con una periodicità sempre diversa. Non si svolgevano mai nella stessa stanza. A volte si attendeva anche alcune ore prima di essere interrogati. Ed allorchè l’interrogatorio aveva inizio, si aveva la sensazione che poteva essere anche l’ultimo. Si era quindi collocati in una dimensione che era sostanzialmente il vuoto, il nulla totale, privo di spazio e di tempo. Negli interrogatori venivano poste domande apparentemente inutili, alcune a trabocchetto, altre solo di copertura, per non far prefigurare ciò di cui la Gestapo già era conoscenza e ciò che voleva far dire. Ed al ritorno nella stanza ove si soggiornava era come se l’interrogatorio proseguisse. Perché notte e giorno si rifletteva su ciò che in base alle domande poste ci si prefigurava quelle che potevano essere le domande future. E tali pensieri, tali quesiti si affollavano nella mente dell’inquisito, dandogli la sensazione di un soffocamento senza fine, senza scelta se non quella di parlare, dire tutto. Per far cessare lo strazio. Tale dimensione di confronto psicologico con l’inquisito era congeniale alle capacità ed alla propensione caratteriale del funzionario della Gestapo, in fuga sotto falso nome sulla motonave Wilhelm Gustlof. Che negli interrogatori dava (se questo si può dire) il meglio di sé. Da tempo si era dato al gioco degli scacchi. Riuscendo a divenire campione nazionale di tale gioco. Che risultava congeniale alle sue eccezionali capacità  intellettive di calcolo, di previsione e di memoria che sono essenziali in un gioco, come quello degli scacchi, che non affida nulla alla fortuna od al caso, poiché privilegia esclusivamente le doti personali e la sensibilità intellettiva dei giocatori. Il suo attuale antagonista, in tale gioco, era uno strano indiduo magro, pallidissimo di nome Adolf. Di cui si ignorava il nome. E la cabina che costituiva il suo alloggio. E la sua precedente attività. Ciò che sorprendeva era la rapidità con la quale prendeva la decisione di effettuare le sue “mosse”, dopo quelle dell’avversario. E risultandone sempre in vantaggio, con esito finale sempre, o quasi sempre, positivo. Notato ciò, il funzionario della Gestapo ritenne di averne scoperto il punto debole. E ritenne di prolungare fino al massimo consentito i propri tempi di apparente riflessione. L’espediente funzionò. Al punto che, prima della conclusione di una partita, il suo avversario, lanciando un urlo agghiacciante, abbandonò il tavolo precipitandosi fuori. Dando così partita vinta al suo antagonista. Di li a poco la nave venne silurata ed affondò. Nelle acque gelide del Mar Baltico (ove ancora si trova). Perirono in 9.000 (tra cui l’ex funzionario della Gestapo, la cui fuga  in icognito ebbe così termine).  Perironoi quasi tutti i passeggeri. Il corpo di Adolf non venne mai ritrovato. Non si sa se attualmente sia più tra i viventi (o lo sia mai stato).

Fu un sommergibile sovietico S13 ad affondare alle 21,16 del 30/1/1945 la nave  Wilhelm Gustlof . Questo nome era quello del capo dell’organizzazione nazista in Svizzera ucciso nel 1936 da un ebreo. Tale nome non ha portato fortuna alla nave. La vicenda è stata menzionata dal premio Nobel  Gunter Grass nel Suo libro Im Krebsgang  (il passo del gambero) ed ha trovato spazio nel film Nacht  fiel uber  Gotenhafen (del 1959) (regista Frank Wisbar).

Sull’”Angelus Novus” che accompagna il post W.Benjamin osserva che l’angelo sembrerebbe guardare con tristezza al passato. Forse per il presente…non c’è nulla da guardare.

Bluewind
 

 

2 commenti:

  1. Interessante questo tuo racconto e fa pensare. Ciao Rivisitatore della Storia,Mirka

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    1. E' il massimo che mi aspettavo. Grazie. Ciao. Mimmo

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