IL MALUMORE DI GRETA
Su un grande prato, senza alberi, nella brughiera di Lunenburgo,
sorgeva l’albergo. Una costruzione a tre piani. Immersa in un paesaggio che
sembrava soffuso di irrealtà. In una dimensione di silenzio e solitudine. Come quella dei paesaggi di Hopper. Le proprietarie dell’albergo,
che sembrava fosse deserto, lo stavano aspettando. All’ingresso. Erano due
gemelle. Piuttosto allampanate. Dai modi cortesi ma dall’atteggiamento
piuttosto distaccato. Come apprese nei giorni seguenti, poco distante v’era un
allevamento di cavalli. Da corsa. Dei quali ve ne era una, Greta, un poco avanti negli anni e
di indole alquanto mite. E per tale ragione, quando i bimbi venivano a visitare
la scuderia, li accompagnava sui prati circostanti. Facendoli cavalcare.
Compito che svolgeva senza sobbalzi e scuotimenti pericolosi. Quando doveva
partecipare a qualche gara, le venivano praticate sulla zampa, in prossimità
dello zoccolo, delle punture, con sostanze dopanti. Alquanto dolorose. Quella
volta, che entrò nella stalla l’addetto alle punture, la cavalla ebbe un
vigoroso nitrito. Inarcò il collo e le spalle. Continuando a nitrire. E lo
abbattè al suolo. Colpendolo. Ripetutamente. Fino a quando rimase in terra.
Inerte.senza vita. Si disse in seguito che forse, a volte, anche i cavalli
hanno le loro antipatie (ed i momenti di malumore).
Bluewind
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